Ho appena appeso al chiodo il badge dell’Azure day.
E’ sempre un piacere tenersi aggiornato e fare networking con vecchi e nuovi amici, ex studenti ed ex insegnanti, gente che rivedi ogni 3 mesi, la stessa cadenza con cui vado in palestra. Ma non c’è mai l’effetto della ricerca del tempo perduto, stare sul pezzo significa non dover mai dire “Ti ricordi, una volta lo facevamo così”.
La nostalgia mi viene piuttosto ogni volta che passo dallo Sheraton, che, prima che Microsoft aprisse la sede di Roma, era teatro di tutte le presentazioni che le software house organizzavano come se non ci fosse un domani.
Ricordo che per un periodo breve ma intenso, ero quasi sempre lì tanto che avevo iniziato a chiamare il portiere per nome e dare del tu a chiunque; “La dolce vita” si era trasferita sotto il viadotto della Magliana.
C’erano presentazioni ricchissime ma, con Internet ancora sul doppino, l’unico modo per le aziende di fornire demo erano scatole pesantissime, brochure e dvd.
All’epoca avevo un motorino Honda Sky 50cc già abbastanza provato dal portarmi sempre in giro. Con il carico aggiuntivo di tutto il materiale di cui facevo incetta, i miei tempi di percorrenza sulla Colombo, forse per rendere omaggio al grande navigatore, erano molto influenzati dei venti che soffiavano gonfiandomi il parabrezza: averli contrari significava farci sera.
Ma ero giovane ed entusiasta, c’era un solo credo ed io ne volevo far parte, scelsi di prendere i voti, che all’epoca significava certificarsi.
L’azienda per cui lavoravo era lungimirante e pensava al futuro un po’ come un canarino cieco in una miniera di carbone.
Più per accontentarmi e farmi stare zitto, visto che rompevo in continuazione sulla necessità di certificarmi, alla fine si decise a pagarmi un corso.
Il CEO dell’epoca, un tennista temutissimo in tutti i circoli di Roma nord, fece una lunga ricerca di mercato, penso parlandone nei suddetti circoli, e alla fine mi iscrisse a un corso con esame finale su windows NT: lo davano a prezzo stracciato perchè sarebbe stato presto sostituito da windows 2000.
Ma a caval donato non si guarda in bocca: feci il corso, superai l’esame e lo completai anche per un’altro paio di colleghi che trovavano difficoltà non tanto con nt quanto con l’inglese, uno era andato completamente nel pallone perchè cercava disperatamente di tradurre Contoso con un sostantivo a caso…
L’mcse di winnt server 4.0, cartonato, credo con due cd , me lo ricordo indistruttibile al pari del nokia 3310, suo contemporaneo
Ero così orgoglioso del diplomino stampato su carta di Seattle, che credo di aver parlato solo di quello per un paio di settimane anche in contesti del tutto avulsi all’informatica.
Infatti fu in una pizzeria che mi proposero di fare a mia volta da docente. Per due anni non feci altro che certificarmi e far certificare persone a rotta di collo, da sistemisti a dba a sviluppatori.
DiCaprio Magic Quadrant
Pagato in maniera esagerata, il DiCaprio di “The Wolf of Wall Street” è l’esempio sbagliato, pensate piuttosto a “Il grande Gatsby”. Avevamo una sede enorme in Via del Tritone e mi ricordo benissimo che molti colleghi portavano alcune studentesse a mangiare a Fontana di Trevi spiegandogli che erano in trattativa per comprarla.
Poi la vena si inaridì, feci la fine di DiCaprio in “Revenant”, scappai a gambe levate sopravvivendo a stento e procurandomi molte cicatrici, altri invece rimasero, illudendosi che sarebbero tornati i tempi d’oro, e si fecero lobotomizzare come in “Shutter Island”.
Per fortuna avevo mantenuto l’attività di consulente e i miei biglietti da visita con il logo microsoft in bella mostra mi garantivano rispetto e autorevolezza almeno nel mainstream.
Il web era diventato popolare e i pesantissimi libri su come usare le api di windows con visual basic erano ormai ottimi solo come alza monitor. Erano anni in cui potevi cercare lavoro come programmatore html senza che la gente ti scoppiasse a ridere in faccia.
L’azienda a cui prestavo la mia lancia in quel periodo era miracolosamente entrata a lavorare con la PA, un appalto piccolo che era sfuggito ai soliti noti proprio perché richiedevano codice libero e perchè il nostro CEO non sapeva assolutamente la differenza tra PHP e ASP. Ma probabilmente non la conoscevano nemmeno i nostri clienti, la prima riunione andarono avanti delle ore a parlare di tennis mentre mi contorcevo su una sedia aspettando che arrivasse il momento di capire almeno il titolo del progetto.
Spogliatomi della divisa da Stormtrooper, scoprii con disappunto che le certificazioni in casa zend,mysql e compagnia bella erano poche, seminascoste ma che, soprattutto, certificandoti rischiavi di diventare lo zimbello della community, ti avrebbero guardato come uno in giacca e cravatta che spende i soldi per l’aperitivo piuttosto che comprarsi un nuovo banco di ram, pochi avrebbero continuato a salutarmi e quei pochi mi avrebbero sussurato alle spalle “Fare, o non fare! Non c’è certificare!”.
Per anni ho quindi perso interesse, ogni tanto guardavo con nostalgia ai libri tecnici specializzati e mi chiedevo se alla Contoso avessero finalmente smesso di fare casino.
Poi è arrivato il cloud .
Le certificazioni del cloud sono quanto di più bello un programmatore possa desiderare, fregiarsi del titolo di ‘cloud archi star’ attribuendosi la realizzazione della lambda definitiva è quanto di più vicino esista a passare sotto l’arco di trionfo, coronato d’alloro e con i barbari in catene.
Qui possiamo ammirare le certificazioni microsoft su Azure, ma mentre sto scrivendo probabilmente ne hanno aggiunte altre
Ma fu vera gloria?
La risposta personale è si.
Un dev normale studia tutta la vita, ma il processo di apprendimento è sicuramente molto personale e sempre pieno di scorciatoie. Quando vedo libri con il sottotitolo “The good part.” penso sempre che mi stia perdendo qualcosa di prezioso fin dall’inizio. Per non parlare dei bias che ciascuno si porta appresso: gli anti orm, quelli che lavorano solo on premise, i negazionisti dei test automatici, ecc.
Prepararsi per una certificazione invece ci costringe a leggere tutto, procurandoci momenti di meraviglia e mostrandoci aspetti che difficilmente coglieremmo nel quotidiano.
E poi ci dà la versione corretta, che possiamo sempre non utilizzare, ma almeno sappiamo che esiste. Una certificazione in più non porterà la pace nel mondo ma sicuramente mette alla prova le vostre conoscenze e vi fa un bello stress test.
Questo per quanto riguarda la vostra coscienza di dev, lato azienda il vantaggio è doppio.
Le società per cui lavorate sono sempre nel dubbio che voi siate dei geni o degli emeriti scansafatiche, come se una cosa escludesse l’altra. Difficile far capire quanto siete bravi nel vostro lavoro, e tentare di spiegarglielo è svilente e frustrante. Mi capita spesso di vedere dev a bordo campo, impiegati come raccattapalle, diventare blu mentre il ceo gli urla sprezzante tra un cambio di campo e l’altro: “… mio figlio ha fatto la sua prima macro excel a scuola, quanto hai detto che ti paghiamo?”
Ma se siete certificati quello lo capiscono.
Ed anche quando fate i colloqui con aziende nuove, i vostri interlocutori, tecnici bramosi di dimostrare quanto sono più fichi di voi, diventano come il conte Dracula di fronte a un crocifisso.
“Si vabbè è certificato, se mi ci metto sai quante ne prendo?”
E non ha controindicazioni, non ho mai conosciuto persone che sono diventate meno performanti dopo essersi certificate: moltissimi lavorano meglio, alcuni chiedono un aumento, pochi cambiano lavoro perchè un’azienda che ti supporta in un percorso di certificazione è un’azienda sana e che sa che il miglior investimento che può fare è far crescere i propri dipendenti.
Ne parlavo proprio ad un torneo di tennis fra CEO a cui sono stato invitato per servire al bar: ci sono state tante partite falsate dal fatto che alcuni, vantandosi dei propri programmatori certificati, innervosiscono oltremodo gli avversari, tanto che è stato segnalato come comportamento scorretto e pare che in alcuni circoli sia stato vietato .
Pensavate che i CEO vi facessero certificare per qualche suggerimento degli HR che vorrebbero migliorare le policy di retention?
Illusi, a loro interessa solo vincere a Tennis…