Con l’uscita del film Oppenheimer, in tanti ci siamo interrogati su cosa avremmo fatto noi al suo posto, e in particolare due parole sono risuonate insistentemente: l’etica e la bomba atomica, sono davvero due concetti incompatibili? O meglio, avremmo accettato di costruire la bomba atomica per vincere la guerra contro la Germania? Avremmo messo da parte in pochi istanti i nostri ideali politici per un progetto tanto ambizioso quanto complesso?
Una volta sconfitta la Germania avremmo firmato la petizione per impedire l’uso della bomba?
L’etica e la bomba: binomio incompatibile?
Creare una singola bomba per fermare tutte le future guerre. Forse una visione semplicistica o troppo ottimistica, ma una visione necessaria a portare avanti uno studio immenso con un fine noto, in un contesto pessimo. Questi due ultimi aspetti sono fondamentali per comprendere come molti degli scrupoli morali era già sul piatto.
Si era in guerra e la paura che il nemico usasse l’arma per primo aveva di molto abbassato l’asticella della scelta. Lavorare a un bomba era nel contratto, non si trattava di un uso secondario di una ricerca scientifica, non era il frutto di usi militari di pura ricerca; era la ricerca stessa.
Complesso ipotizzare cosa sarebbe accaduto se non si fosse sganciata la bomba. Nei bombardamenti della sola Tokyo morirono più di 200.000 persone. Tanto quanto le stime delle due bombe su Hiroshima e Nagasaki. Sganciare le due bombe ha veramente fermato la guerra e salvato vite americane (e giapponesi).
Oppenheimer si batté per il resto della vita contro la proliferazione nucleare ormai disilluso che una bomba più grande avrebbe fermato le guerre. Era sicuro che se le avessimo costruite le avremmo usate. Per fortuna non le abbiamo ancora usate, ma le guerre vanno avanti lo stesso.
Si era proposto di rendere pubblica la notizia della bomba, di fare assistere alla sua esplosione. Di mettere il Giappone, nemico odiato forse più della Germania per l’attacco a Pearl Harbour, in condizione di arrendersi. La non conoscenza del proprio nemico, della cultura e del modo di pensare giapponese è stata chiara e nefasta per la storia della guerra.
Il Giappone tentennava a prendere un decisione dopo l’ultimatum americano. Gli equilibri stavano cambiando in favore della resa. Gli americani però commisero un errore imperdonabile. Poco prima dello scadere dei termini ripeterono l’ultimatum. Per la cultura giapponese era un evidente mancanza di sicurezza e forza da parte del nemico. Un ultimo tentativo prima di uno scontro che non erano sicuri di vincere. Senza quel messaggio, forse le due bombe atomiche non sarebbero mai state sganciate.
Se l’intento era di fermare tutte le future guerre, a partire dal sempre più probabile conflitto contro l’Unione Sovietica, la bomba doveva essere lanciata, anche a guerra finita. Che una parte degli scienziati si aspettassero un uso dimostrativo può essere vero, ma poco credibile visti gli sviluppi della guerra. Aver compreso tardi la reale potenza degli ordigni è fatto accertato. Nessuno aveva un calcolo attendibile della portata della reazione a catena.
Qual è la scintilla che genera in noi l’orrore dell’ordigno? Il fatto che sia stato sganciato su una intera cittadina? Dresda venne rasa al suolo eppure non la ricordiamo allo stesso modo. Tokyo, come detto, aveva subito le stesse vittime eppure in molti non sanno nemmeno che fu bombardata in modo così pensante.
Il rapporto tra bomba e morti è una delle chiavi: un singolo oggetto può cancellare migliaia di persone dalla faccia del pianeta. La seconda chiave è la morte nel tempo, e i danni del DNA. Con la resa del Giappone si sono fermati i conflitti ma non il crescente numero di morti di Hiroshima e Nagasaki. I morti, le deformazioni e malformazioni che le radiazioni hanno continuato a mietere anche nei soccorritori che arrivavano sul posto.
Non stupisce che le opposizioni alle armi atomiche vadano crescendo di pari passo con le scoperte scientifiche e il numero di vittime indirette (anche tra i militari e gli scienziati americani del progetto Manhattan).
Ricordiamo che l’impero giapponese era un mostro di razzismo e crimini contro l’umanità come il regime nazista. Cercare, per farsi un’idea degli orrori, informazioni sull’Unità 731, le relative amnistie post guerra, e le scuse mai porte alla Cina.
È ragionevole pensare che in un contesto bellico le opzioni fossero state ridotte a una scelta binaria: noi o loro. Che molte delle problematiche etiche siano state sospese dalla parola guerra. Gli scienziati americani potevano rifiutarsi di partecipare, potevano andare a casa o continuare a insegnare, o fare qualsiasi altro lavoro volessero perché il conflitto non era arrivato sul suolo americano, ma è una coperta troppo corta per coprire la questione.
Le guerre si vincono con la tecnologia, e la tecnologia del momento era la fisica. L’arma atomica sarebbe stata usata prima o poi, nella terza o nella quarta guerra mondiale? Possiamo pensare che le vittime di “Little Boy” e “Fat Man” abbiamo veramente fermato l’armageddon nucleare?
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L’Intelligenza Artificiale è l’arma nucleare del nostro secolo?
Oggi, il grande interrogativo sulla nuova tecnologia che è stata indicata come una delle possibili cause dell’estinzione umana è l’intelligenza Artificiale. Non per una scelta dettata da visioni fantascientifiche, come la Skynet di Terminator, ma per uno scambio di ruoli al potere tra macchina e noi.
Chissà, la sfida potrebbe essere ancora più subdola perché non avremo nessuna bomba, nessun conteggio delle vittime, nessuna questione etica da spiegare a noi stessi, nessun nemico in trincea. Tanti piccoli progressi e tante piccole scelte che ci porteranno in un futuro inesplorato in cui gli effetti a lungo termine non ci saranno svelati fino all’apparire delle conseguenze.
Nessuno ha mai pensato di accusare Oppenheimer, o il suo team, di crimini contro l’umanità. Le Nazioni Unite stanno discutendo in questi giorni di inserire gli attacchi informatici alle strutture civili nei possibili motivi per essere accusati di crimini di guerra. Il nostro mondo si evolve, la nostra società si evolve, la nostra etica fa lo stesso.
Fermeremmo le infrastrutture di un’intera città, dalla corrente elettrica agli ospedali, causando la morte di migliaia di persone per porre fine a un conflitto nucleare? E per impedire che si scateni un conflitto nucleare?
Magari da uno smartphone, comodamente seduti su un divano, in uno studio ovale, chiederemo a una IA di premere il bottone rosso; il 6 agosto 1945 l’ordine è partito dallo stesso studio, via telefono, per arrivare, dopo diversi rimbalzi, via radio sull’Enola Gay. Il fattore comune, per adesso, è l’uomo.